RISARCIMENTO DANNI: Responsabilità medica
Il risarcimento del danno da nascita indesiderata
La Sentenza sotto riportata, emessa dalla Corte di Cassazione, attiene al caso di parto non voluto e del relativo risarcimento del danno per responsabilità medica. In particolare, chiarisce da una parte quale sia il soggetto onerato della prova e in che termini questa possa essere ritenuta fornita e l’onere, quindi, rispettato, e dall’altra quali siano le componenti del danno, da allegare e provare, al fine di determinare l’intero importo risarcitorio.
Di seguito i passaggi rilevanti della sentenza integrale:
Corte di Cassazione, Sez. III, Sent. n.19151 del 19 luglio 2018
In tema di responsabilità medica da nascita indesiderata, il genitore che agisce per il risarcimento del danno ha l’onere di provare che la madre avrebbe esercitato la facoltà d’interrompere la gravidanza – ricorrendone le condizioni di legge – ove fosse stata tempestivamente informata dell’anomalia fetale; quest’onere può essere assolto tramite praesumptio hominis, in base a inferenze desumibili dagli elementi di prova, quali il ricorso al consulto medico proprio per conoscere lo stato di salute del nascituro, le precarie condizioni psico-fisiche della gestante o le sue pregresse manifestazioni di pensiero propense all’opzione abortiva, gravando sul medico la prova contraria, che la donna non si sarebbe determinata all’aborto per qualsivoglia ragione personale (v. SU Cass. 25767/2015; Sez. 3, Sentenza n. 24220 del 27/11/2015).
In tema di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla lesione di interessi costituzionalmente protetti, il giudice di merito, dopo aver identificato la situazione soggettiva protetta a livello costituzionale, deve rigorosamente valutare, sul piano della prova, tanto l’aspetto interiore del danno (c.d. danno morale), quanto il suo impatto modificativo in pejus con la vita quotidiana (il danno c.d. esistenziale, o danno alla vita di relazione, da intendersi quale danno dinamico-relazionale), atteso che oggetto dell’accertamento e della quantificazione del danno risarcibile – alla luce dell’insegnamento della Corte costituzionale (sent. n. 235 del 2014) e del recente intervento del legislatore (articoli 138 e 139 C.d.A., come modificati dalla legge annuale per il Mercato e la Concorrenza del 4 agosto 2017 n. 124) – e’ la sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, la quale, nella sua realtà naturalistica, si può connotare in concreto di entrambi tali aspetti essenziali, costituenti danni diversi e, perciò, autonomamente risarcibili, ma solo se provati caso per caso con tutti i mezzi di prova normativamente previsti (Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 901 del 17/01/2018). Conseguentemente, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del “danno biologico” e del “danno dinamico-relazionale”, atteso che con quest’ultimo si individuano pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente (quali i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale). Non costituisce invece duplicazione la congiunta attribuzione del “danno biologico” e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado di percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di se’, la paura, la disperazione). Ne deriva che, ove sia dedotta e provata l’esistenza di uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione e liquidazione (v.Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 7513 del 27/03/2018).
SINTESI: E' ONERE DELLA PARTE ATTRICE ALLEGARE E PROVARE I FATTI E TUTTE LE COMPONENTI DEL DANNO SUBITO
La Corte di Cassazione chiarisce, dunque, come sia onere del genitore che agisce per il risarcimento del danno da nascita indesiderata dimostrare che, se la madre fosse stata adeguatamente informata di un’anomalia del feto, avrebbe esercitato la facoltà di interrompere la gravidanza.
Tale prova può essere data anche tramite presunzioni desumibili dagli elementi di prova quali, ad esempio, le eventuali condizioni psico-fisiche precarie della donna, il ricorso al consulto medico per conoscere lo stato di salute del nascituro, le precedenti manifestazioni di pensiero in ordine alla possibilità, in determinate condizioni, di procedere con l’aborto.
Sul sanitario graverà quindi la prova contraria, quindi l’onere di dimostrare che, nel caso di specie, la madre non si sarebbe comunque determinata all’aborto.
In secondo luogo, la Corte esamina tutte le componenti del danno conseguenza della specifica responsabilità medica attestando, in sintesi, come la parte che richiede il risarcimento debba allegare ogni evento modificativo in pejus del suo stato (pregiudizio), dandone prova. In tal modo, il Giudice potrà dare una valutazione complessiva del danno lamentato e determinare, considerate tutte le componenti, la sua giusta quantificazione.